Storie
1919 – 1924: Ciclismo e fascismo

L’Italia riprende a correre. Il ricambio generazionale è d’obbligo dopo i disastri della Guerra: ecco apparire sulla scena Girardengo, Belloni, Brunero. I vecchi ciclisti diventano imprenditori, come Ganna e Pavesi che iniziano a produrre biciclette con il loro nome. Il direttore della Gazzetta dello Sport Emilio Colombo registra alla prefettura di Milano il marchio ‘Giro d’Italia’: è il 1922. In Italia lo scombussolamento è generale. C’è chi marcia su Fiume e chi su Roma. Olio di ricino e manganello. Da un lato Turati, il partito socialista e il Partito Popolare di Don Sturzo, dall’altra i rossi che si fanno partito. Il PCI nasce da una costola dei socialisti per mano di Bordiga e Gramsci. Mussolini, impadronitosi del potere, impone non solo la dittatura ma anche che gli italiani adottino esclusivamente biciclette di produzione nazionale. Questo provvedimento causa l’allontanamento dei ciclisti d’oltralpe dal Giro. Chi si oppone al regime viene picchiato, incarcerato, torturato o assassinato, come accade al segretario del partito socialista unitario Giacomo Matteotti. Alfonsina Strada è la prima e unica donna a correre il Giro con i maschi. Costante Girardengo diventa il primo campionissimo nella storia del ciclismo nostrano con le sue vittorie di tappa in serie al Giro, le sei Milano – San Remo, i tre Giri di Lombardia, le tre Milano – Torino e i nove successi nel campionato italiano, record ancora imbattuto.

Albo d’oro 1919 – 1924:
1919 – Costante Girardengo – Stucchi
1920 – Gaetano Belloni – Bianchi
1921 – Giovanni Brunero – Legnano
1922 – Giovanni Brunero – Legnano
1923 – Costante Girardengo – Maino
1924 – Giuseppe Enrici