Storie
Dalle Ande alle Alpi, passando per i Pirenei

Nairo Quintana: patate, galline e latte. Il padre Luis ha il bacino schiacciato. Un incidente stradale tanto tempo fa lo rende disabile. Nairo Quintana ha due anni. Non respira, vomita, ha la diarrea e la febbre sempre. I medici non capiscono. Sta per morire. Si salva grazie all’intervento di un guaritore. Potenza dell’erba buena.

Nairo Quintana ha sei anni: si alza alle quattro del mattino per aiutare il padre a consegnare il latte e poi va a scuola. Siamo a Combìta, un villaggio sperduto nelle Ande, regione di Boyaca, Colombia. Per andare a scuola col bus ci vogliono 25 centesimi ad andare e 25 a tornare. È così che Luis compra a Nairo una bicicletta: rossa, pesante, un mulo. Settanta dollari. Una cifra pazzesca da quelle parti. Però risparmiando 50 centesimi al giorno…È così che Nairo diventa il campione che conosciamo: dieci miglia ad andare, dieci miglia a tornare, più di duemila metri di dislivello. Ogni giorno. Le prime volte, cadute su cadute. È così che s’impara a non avere paura. In discesa e tantomeno in salita. È così che Nairo diventa lo scalatore più forte al mondo.

È così che Nairo, che non sopporta le ore di ginnastica, che non gioca al calcio, che è magro, piccolo e diventa un eroe. Perché così è considerato nel suo paese, ed è dai tempi di Lucho Herrera che i colombiani non venerano un campione di simile stazza. Herrera che in un Tour, esattamente quello dell’85, cade nel secondo giorno, si fa male davvero, sanguina dappertutto e però indomito si rialza, riprende a pedalare e va a vincere la tappa. Herrera che nell’87 vince la Vuelta. Proprio come Nairo quest’anno. Ma Nairo ha già vinto un Giro e il Tour è più vicino di quanto si possa immaginare.

Di fronte ai corridori corazzieri, di fronte ai corridori programmati, ben vengano corridori come Nairo, che sono come Calimero. E però grandiosi. Alè Nairo.