
La prima delle cento volte del Giro d’Italia. Parte Terzaby Francesco Ricci · · illustrazione di Luca Gentile December 15, 2016
Il vincitore del primo Giro d’Italia Luigi Ganna intervistato appena sceso dalla bici dopo aver corso l’ultima tappa, pronuncia la fatidica frase: ‘Me brusa el cul’.
È la sintesi più efficace per descrivere un’avventura iniziata nel 1909 e che nel 2017 si ripete per la centesima volta.
Quinta tappa: 23 maggio 1909
Roma – Firenze
347 chilometri
Folla ovunque, strade che assumono parvenze di normalità: la quinta tappa definisce le nuove gerarchie del ciclismo italiano. Il Diavolo Rosso Gerbi deve soccombere all’avanzare delle nuove leve. È il più amato, il più osannato. Tutti lo cercano, tutti lo invocano. La malasorte gli gioca brutti scherzi e a leggere le cronache di allora, il ventiquattrenne piemontese è definito vecchio, logoro: è ora che lasci spazio all’emergere dei nuovi eroi. Ed ecco che a prendere la scena è Luigi Ganna, detto Luison, figlio di braccianti. Da ragazzo fa il muratore: ogni giorno si sciroppa cento chilometri in bici, da Olona a Milano e ritorno, per raccattare qualche soldo. È così che diventa corridore, è così che assume le sembianze del campione che conosciamo. Con quella bici da lavoro inizia a fare qualche gara e i risultati sono sorprendenti. Al punto che Edoardo Bianchi, il patron dell’omonima squadra, lo nota e lo ingaggia. Duecento lire mensili per il primo anno, una pacchia. Luison vince la tappa in volata e consolida il primato in classifica. In verità, è talmente pressante l’abbraccio della folla, che la volata si svolge per modo di dire. Così è la vita.
Sesta tappa: 25 maggio 1909
Firenze – Genova
294 chilometri
Per evitare i disordini e i casini precedenti, l’arrivo di questa tappa è transennato a dovere. A Pescia Ganna urta una bambina ma non cade e lei rimane illesa. Polvere ovunque, sulle strade e nelle viscere dei corridori. A La Spezia, Gerbi si arrende definitivamente, vinto dal dolore causato dalle cadute. La sua celebre maglia rossa si palesa ultima fra gli ultimi e il ritiro è patetico. Con gli occhi pieni di pianto il Diavolo si fa da parte. L’arrivo è una questione fra Galetti e Rossignoli, acerrimi nemici di Ganna. Galetti scatta a poche centinaia di metri dall’arrivo ma la catena della bici inizia a fare i capricci. Rossignoli lo supera e va a vincere la tappa con sommo gusto. Ganna arriva terzo con una quindicina di minuti di ritardo, ma il tempo all’epoca non conta. Contano i piazzamenti.
Settima tappa: 27 maggio 1909
Genova – Torino
354 chilometri
La partenza è fissata alle 2:30 di giovedì 27 maggio. Nonostante l’ora insolita, la folla è stipata ovunque. Gli organizzatori non riescono a far decollare la corsa e simulano una falsa partenza per smobilitare almeno un po’ le persone. Finalmente si parte, con due ore di ritardo. Gli stessi organizzatori, e per le stesse ragioni, anticipano l’arrivo a Torino di sei chilometri e lo dicono solo ai corridori. Così i cinquantamila torinesi che aspettano invano alla barriera di Orbassano rimangono delusi di tutto punto. La tappa la vince Ganna con un distacco di quattro minuti su Rossignoli e di venticinque su Galetti. A vederlo ci sono solamente trecento persone.
Ottava tappa: 30 maggio 1909
Torino – Milano
206 chilometri
Sono un passaggio a livello e un discutibile criterio a punti a stabilire il vincitore del primo Giro d’Italia, vale a dire Luigi Ganna. Tra Busto Arsizio e Rho i corridori, tra i quali Galetti e Rossignoli, si devono fermare perché le leve di un passaggio a livello sbarrano la strada. I due vorrebbero passare comunque ma sono bloccati dal personale ferroviario. Ganna, rimasto indietro per via di una foratura, riesce così a rientrare. Come sempre la folla è un bagno costante che deterge i cinquantuno corridori rimasti e che all’arrivo saranno solo quarantanove. Il più sfortunato di tutti è Molina, che indossa il numero 13. Pochi chilometri dopo la partenza si vede la strada tagliata da una donna anziana e per evitarla cade e si frattura una gamba. Dopo aver pedalato oltre duemila chilometri su e giù per l’Italia, si vede costretto al ritiro in prossimità dell’arrivo finale. Le lacrime sono inevitabili. La sorte pende tutta dalla parte di Ganna. Galetti conduce la gara e sente già l’odore della vittoria: a poche centinaia di metri dall’arrivo deve bruscamente cambiare traiettoria per evitare un cavalleggero che ha perduto il controllo del suo destriero. È così che Dario Beni, già vincitore della prima tappa, si fa sotto e gli strappa la vittoria. Terzo è Ganna che va a vincere il Giro con due soli punti di vantaggio sul povero Galetti e quindici su Rossignoli. Storica e celebre è la frase che Ganna, poco dopo l’arrivo, recita a Cougnet che vuole un parere istantaneo sulla corsa: ‘Me brusa el cul’.
L’epilogo dentro l’Arena è trionfale. La folla esulta, la festa è ovunque. I tre primi classificati sono ritratti di tutto punto e a osservare le immagini sembra che fra loro scorra buon sangue. La realtà, come spesso accade, è tutt’altra. Galetti si sente derubato e Rossignoli è il vero vincitore morale: se si corresse a tempo sarebbe maglia rosa con un tempo di ottantanove ore diciannove minuti e quattordici secondi. Secondo Galetti con ventiquattro minuti di ritardo e Ganna terzo con ben cinquanta minuti di distacco. Il montepremi complessivo di 18 mila 900 lire è spartito dai corridori che hanno concluso la corsa, mentre 50 mila lire spettano ai primi classificati e ai vincitori dei traguardi speciali. Per la classifica finale Ganna, primo con 25 punti, intasca 5.325 lire, Galetti secondo con 27 punti becca 2.430 lire, Rossignoli terzo con 40 punti riceve 2.008 lire. Il successo della corsa è tale che gli organizzatori pensano già alla seconda edizione. E ci pensano tuttora, dato che nel 2017 sono cento le volte del Giro d’Italia. Lunga vita al ciclismo nostrano, dunque. Lunga vita alla bici che, pur avendo una certa età, dimostra ancora di essere l’unico mezzo plausibile per il futuro ecologico delle nostre città e di un’utopia urbana in grado di riconciliare la società con se stessa.
Hasta la ciclo siempre!