
Renato Longo, il ciclopratista fornaioby Francesco Ricci · January 9, 2018
Storie d’inverno. Storie di ciclocross, dunque. De Zan li chiama ciclopratisti quelli che corrono con la bici in groppa e pedalano nel fango. Fra i Cinquanta e i Sessanta la disciplina è seguita da decine di migliaia di spettatori che si sistemano alla bell’e meglio nei circuiti all’aperto, impazzendo letteralmente per quei corridori brutti, sporchi e cattivi.
Ed è negli anni Sessanta che corre un campione che cattivo non è. Ha modi gentili e per vivere fa il fornaio: di notte a impastare e di mattina a consegnare. Ogni giorno sono due i quintali di michette da portare dalla bottega all’Alfa Romeo e ritorno in groppa a una bici pesante come un macigno. Un po’ come Ninetto Davoli in ‘sfornation’, mitico carosello anni Settanta. A Milano lo chiamano Fornareto, perché è di Vittorio Veneto. Però Renato la bici ce l’ha in testa. Inizia a correre da giovane che è inverno, per questo si appassiona al ciclopratismo. Ha le gambe affusolate, che sembra un fenicottero. I nervi d’acciaio e una tempra eccezionale compensano una magrezza da povero figlio. Renato diventa ben presto il campione di ciclopratismo più forte che l’Italia abbia mai avuto. Su 388 gare disputate in carriera ne vince 233. Senza contare tutte le volte che sale sul podio: roba da cannibali del fango. Vince cinque mondiali e dodici campionati italiani. E a proposito di campionati italiani, ecco la sua prima volta. Anno 1959. Renato il venerdì va a visionare il percorso. Rientra a Milano e di notte va a lavorare. La domenica corre la gara e la vince. E la sera di nuovo a lavorare. Al mattino fuori dalla bottega i cronisti e i fotografi vogliono vedere da vicino che faccia ha questo Fornareto.
Il successo gli cambia la vita e va a correre i mondiali, che sono in diretta tv. Vince anche quelli, è il primo italiano a riuscirci. Il pubblico impazzisce, perché Renato sembra non affondare nel fango e le sue gambe affusolate come due grissini rimbalzano elastiche, saltando dai pedali alla terra e viceversa. Poi Renato è un faticatore instancabile e ha un accento che sa di francese. Un gran signore, anche quando la faccia è tutta imbrattata di croste fangose. Renato ha la capacità di donare nobiltà al ciclopratismo e i duelli con il tedesco Wolfshohl sono davvero memorabili. Proprio come quegli anni.