
Romain Bardet, l’immaginazione al manubrioby Francesco Ricci · · illustrazione di Luca Gentile October 12, 2016
Romain Bardet è laureato in economia. Ogni mattina legge giornali e libri prima di montare in bici. Ha la faccia da ragazzo e un modo tutto suo d’interpretare il ciclismo. Romain segue l’istinto, ascolta la strada, ha immaginazione e, soprattutto, fa quello che vuole. Come nella tappa del Tour 2016 che porta al Monte Bianco con arrivo a Le Bettex.
Quando vede la schiena dell’amico Cherel davanti a lui, quando vede le sue gambe spingere a più non posso, quando vede la discesa della Cote de Domancy trasformarsi in un vaso della marmellata in cui ficcare le dita, Romain chiude ogni comunicazione con l’ammiraglia. Basta con le oreillettes, gli auricolari. Basta con il cardiofrequenzimetro. Basta con il computer di bordo che ti dice quanti watt esprimi, quanto stai consumando, quanto durerai. Romain si abbandona all’istinto e l’istinto gli dice: vai! E Romanin va, per ritrovarsi solo con le braccia alzate, ad abbracciare tutto il Monte Bianco sotto il traguardo. Oh, i francesi non s’incazzano, impazziscono di gioia. Romain il sovversivo. Romain il passionale. Romain che va dove lo portano cuore e gambe.
W Romain!
Dettagli in sequenza.
Uno: il suo film preferito è Le Iene.
Due: la Cote De Domancy è famosa perché nel 1980 Bernard Hinault la prese a morsi in salita per andare a vincere il mondiale più duro che la storia del ciclismo ricordi.
Tre: sul muro di Sormano, nel Lombardia del 2012 che celebra il cinquantenario dell’ultima edizione con questa rampa insormontabile, stabilisce il record di ascesa con un tempo di 9’ e 02”.
Quattro: il suo libro preferito è ‘Una banda di idioti’ di John Kennedy Toole. E dunque sì, la banda dei ragazzi del ’90, con Quintana, Chaves, Aru, Dumoulin, Pinot e il magnifico Bardet è davvero una bella banda di filibustieri destinata a scassinare il ciclismo imprigionato nei meandri di un’ottusa programmazione. E grazie a loro ce n’è per tutti. Per i francesi che sognano di vedere un galletto in maglia gialla a Parigi, è dall’85 con Bernard Hinault che non vincono. Per i colombiani che sognano un escarabajos fare altrettanto per la prima volta. Per i sardi che, dopo un siciliano in giallo, vorrebbero tanto un moro fare il girasole. Per tutti noi, pronti a sognare uno sport non imbrigliato negli ordini di scuderia, quindi di nuovo romantico, passionale, folle, selvaggio, esplosivo e drammaticamente bello.



