Storie
Sagan, il corridore filibustiere

Doha. Alla fine del mondo. Sulla strada non c’è un padre con figlio che spinge un carrello come nel romanzo di Cormac McCarthy, ma un corridore filibustiere che spinge la sua bicicletta. Questo non è un paese per vecchi, sempre per rimanere con l’ottimo Cormac, ma per ricchi. C’è il vento del deserto che scompiglia e spariglia. Ci sono le oasi di cemento per sceicchi bianco vestiti. C’è un nulla metafisico che sa di apocalisse, di vite congelate nel caldo del deserto, di una follia che non è lucida piuttosto suicida. Il vento spezza in due il gruppo. Un drappello di venticinque uomini si stacca come un modulo lunare dalla navicella spaziale.“Sa già
che vincerà lui.”

Il corridore filibustiere sghignazza in mezzo al gruppetto cosmopolita. Sa già che vincerà lui e non dovrà fare come l’anno scorso e scattare all’inizio del penultimo strappo e salutare tutti e arrivare da solo sotto il traguardo di Richmond, Stati Uniti d’America. Che bellezza. Che classe. Che forza. No, oggi, sotto questo sole ricoperto di borracce, basterà attendere gli ultimi trecento metri e sgusciare sulla destra dell’azzurro Nizzolo che ha il buon gusto di non spingerlo contro le transenne e lasciare di stucco Mark Cavendish e indietro quel vecchio lupo di mare di Tom Boonen.

Così fa, esattamente, il corridore filibustiere che con quel nome sembra uscito dalla pianura veneta ed è frizzante come il miglior prosecco. Peter Sagan fa bis mondiale consecutivo, come l’ottimo Bettini, come il grande Gianni Bugno. E con quella zazzera a metà tra Jena Plinsky e Kabir Bedi Sandokan sembra dire: non c’è due senza tre!

Parole di Francesco Ricci
Illustrazione di Luca Gentile